Ciao a tutti e benvenuti; questo articolo nasce dalla condivisione di un lavoro dell’amico Gino Mazzanobile, e chi mi segue sa già che egli è un vero cultore della fotografia analogica, soprattutto col grande formato.
Partiamo da qui: vi sarà capitato di vedere, sicuramente, qualche bellissima foto in bianco-nero, magari ottenuta da negativi a lastre, dove i bianche, i grigi e i neri sono così ben bilanciati, da pensare che si sia lavorato in postproduzione; invece, il lavoro comincia subito dopo aver deciso la composizione.
Il principio alla base di tutto si chiama sviluppo a sistema zonale, e per poter sviluppare usando questo accorgimento, bisogna valutare e annotare alcuni dati dell’esposizione.
Il sistema è frutto dell’ingegno e dell’esperienza di Ansel Adams, anzi lo possiamo definire la grande eredità lasciata dal Maestro, scomparso nel 1984, basata su grandi lastre, unico supporto possibile per lo Sviluppo Zonale.
Non si tratta di sicuro di un sistema fotografico punta e scatta, ma proprio questo rende ogni foto realizzata una vera e propria opera d’arte.
Questa che segue è la spiegazione tecnica di Gino Mazzanobile, che mostra, come con tale tecnica si ottengano dei risultati strabilianti.
di Gino Mazzanobile
Una delle più famose riprese della storia della fotografia è “Moonrise” di Ansel Adams. Era una notte del 1941, quando il grande paesaggista americano, riprese in condizioni quasi impossibili per la fotocamera grande formato che usava questo paesaggio, con la Luna che illuminava di una luce quasi spettrale un cimitero in pieno deserto, in uno skyline di montagne e nubi, anch’esse livide.
Adams ebbe appena il tempo necessario a montare l’attrezzatura, con cavalletto, fotocamera e lastra sensibile, era angosciato al pensiero che la luna sparisse dietro le nubi, spezzando l’incanto dell’attimo fuggente, il risultato fu questo capolavoro irripetibile e lo fu anche grazie allo Sviluppo Zonale.
Si tratta di un tipo di sviluppo differenziato sulle varie zone del supporto sensibile, che consente per ogni porzione di ripresa di adottare il trattamento ideale. E’ anch’esso frutto dell’ingegno e dell’esperienza di Ansel Adams, anzi lo possiamo definire la grande eredità lasciata dal Maestro scomparso nel 1984, basata su grandi lastre, unico supporto possibile per lo Sviluppo Zonale.
Gino Mazzanobile è un grande appassionato e studioso di fotografia, questi suoi “Appunti sul Sistema Zonale”, sono un contributo alla diffusione di questi concetti da Alta Fotografia, che con il digitale rischiano seriamente il dimenticatoio.
Stefano Fedele “critico fotografico” – 9 aprile 2009
Moonrise, Hernandez, New Mexico, 1941, Fotografia di Ansel Adams
Nell’ambito della fotografia tradizionale che mi accompagna da tantissimi anni, ho imparato e seguito alla lettera alcuni concetti e modi di operare che mi hanno permesso di capire pian piano che imparare a vedere è la meta più faticosa per avvicinarsi all’ottenimento di un certo tipo di fotografia.
L’esperienza abbinata alla costanza nell’applicazione che può essere più o meno spiccata in ognuno di noi, non potrà mai sopperire la creatività.
Ho cercato di apprendere la tecnica sul come sia possibile ottenere un certo tipo di stampa quindi di restituzione fotografica dallo studio accurato di uno dei più grandi maestri della fotografia scomparso nel 1984: Ansel Adams.
Probabilmente non riuscirò mai ad interpretare alla perfezione ‘la partitura’ come Adams stesso amava definire il momento della stampa, ma posso assicurare che l’essere consapevole di previsualizzare la scena dopo aver scelto un soggetto da riprendere è la fase più importante in abbinamento alle manipolazioni tecniche finalizzate al raggiungimento del risultato prefissato.
Adams insieme a Fred Archer, inventò e mise a punto nel 1939 il metodo denominato “Sistema Zonale” al fine di restituire in abbinamento con l’abilità del fotografo, una certa maestria nel far emergere dal negativo prima e dalla stampa poi, tutto il potenziale espressivo in termini di ricchezza tonale che è presente in un’immagine dove appaiano sia i dettagli nelle ombre che quelli delle alte luci, dopo avere calcolato l’esposizione su una zona ritenuta importante ovviamente in termini esposimetrici.
Per la fotografia in bianconero cui mi ispiro, e come riferiva lo stesso Adams, il Sistema Zonale è applicabile in considerazione del fatto che talune pellicole hanno una latitudine di posa molto più ampia delle pellicole a colori e che i processi di sviluppo e stampa, sono impiegati esclusivamente dal fotografo esecutore della ripresa.
Voglio ricordare che la latitudine di posa è la caratteristica che definisce la capacità dell’emulsione di compensare entro certi limiti, le errate valutazioni nelle esposizioni causate dal fotografo addirittura fino a 4 o cinque stop in sovra e sotto esposizione.
Composizione del Sistema Zonale
Metto in atto la tecnica del Sistema Zonale, imponendo tale trattamento alle pellicole denominate di “Grande Formato” diciamo dal 4x5inc. 10×12 cm. in su; che sviluppo singolarmente in camera oscura.
Sarebbe impossibile per un unico rullino uniformare gli adempimenti che mi accingo a delineare che possono essere solo compensati da un più esteso uso di gradazioni diverse di carta sensibile da stampa.
Lo strumento per la rilevazione dei dati per l’applicazione del Sistema Zonale cui affidarsi al fine di impreziosire lo spazio del fotogramma con la più ricca gamma tonale, è un esposimetro tarato per una riflettenza della luce incidente di un qualsivoglia soggetto e che è pari al 18%. In parole povere, leggendo con esposimetro alla mano una superficie illuminata di bianco e attribuendo alla stessa una coppia tempo diaframma, essa verrà riprodotta in stampa come valore di grigio medio del 18% ; lo stesso discorso vale se leggessimo le indicazioni dell’esposimetro senza correzione rilevando la lettura su una superficie nera.